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L'alluvione del 1766 a Fiorenzuola per l'esondazione dell'Arda

A Fiorenzuola d’Arda, in via Carducci (Contrada degli Umiliati), angolo via Giovanni da Fiorenzuola (Contrada Cantarana), esiste un intaglio fatto nel muro del Fabbricato di circa cm 6 x 20, a circa mt 1,50 di altezza dal piano stradale, riportante le lettere (attualmente leggibili) H U – O U E (la U è scritta V nelle epigrafi).

Su di esso, in via Carducci esiste una lapide, recante una epigrafe in latino classico degli eruditi del ‘600, che invita a leggere quel che è scritto nel rettangolo e descrive l’alluvione avvenuta il 25 Aprile 1766 per l’esondazione dell’Arda, che interessò la parte bassa della città all’interno delle mura.

Fatti i dovuti calcoli, l’inondazione ha interessato la città di Fiorenzuola ad esclusione del primitivo nucleo (ligure - romano), più elevato perché costruito su un conoide fluviale, comprendente la zona di Piazza Molinari, tra vicolo Templari, Via XX settembre, la metà superiore delle vie Varini, Sforza Pallavicino e Alberoni, più la parte ovest di Via Garibaldi.

L’evento è raro nella storia della città, oggi quasi impossibile perché sono stati deviati i canali che l’attraversavano, tra cui il Pallavicino, che sottopassava quasi al centro le attuali vie Teofilo Rossi, Giovanni da Fiorenzuola, Gaetana Moruzzi, Giuseppe Mazzini, Corso Garibaldi e, superata via Roma, proseguiva a nord verso Baselica Duce, nell’alveo ancora oggi esistente.

Inoltre l’Arda è regimentata dall’invaso di Mignano, la cui diga è costruita al punto indicato dall’Ottolenghi come “origine dell’esondazione” e, infine, gli argini sembrano ben affidabili.

Il Canale Pallavicino, nel 1766, entrava in Fiorenzuola a sinistra di Via Castellana, quindi piegava ad ovest fino al Molino Maculani (odierno Ufficio postale), proseguiva verso nord in tratto scoperto nell’attuale Vicolo Catalani e, coperto fino al Ramparo a Nord, da cui proseguiva per Baselica Duce, Chiaravalle, Marcore e Busseto, dove sottopassava l’Ongina con un sifone “a botte”. Il canale aveva anche la funzione di collettore per rivi, riane e fontanili a nord di Fiorenzuola, e drenava gli scoli d’acqua del percorso da Castell’Arquato a Polesine Parmense, dove sfociava nell’Ongina prima della confluenza nell’Arda.

L’alluvione avvenne nella notte tra il 25 e il 26 Aprile del 1766, in un periodo in cui non vi erano immissioni importanti nell’atmosfera, da parte dell’uomo, tali da interferire nel clima.

Il clima ha un andamento ciclico di 7 (breve) e 35 anni, per cui ogni zona è interessata da fenomeni estremi ogni 35 anni, circa, con danni eccezionali in una zona ristretta (es. una o più valli) rispetto all’intero comprensorio, come è avvenuto nell’autunno del 2015 nelle valli Nure e Trebbia rispetto all’intera area Piacentina.

La storia ci insegna che la Natura segue il suo ciclo, ma i danni sono opera dell’uomo con la mancata regolamentazione delle acque, con opere che interferiscono sul libero corso delle acque, regolato dalle forze di gravità e di Coriolis, che nell’emisfero nord sposta i fluidi verso destra. Eppure definiamo la nostra specie Homo Sapiens Sapiens.

Dall’esame dei danni arrecati nelle varie zone urbane (si veda edi l’epigrafe riportata in “Epigrafe della Collegiata” in fondo all’articolo), si deduce che Fiorenzuola è sorta su un conoide fluviale, protetto dalle inondazioni, come tutti i centri preistorici di pianura, come Piacenza, Cremona, Novara, che conosco bene, mentre oggi si è perso il criterio di costruire in luoghi “sicuri”.

Del resto, la Storia è Maestra della vita, lo dicevano i Latini, ma l’uomo è da sempre un pessimo alunno.

Esaminiamo la lapide e il “contrassegno”. Ecco la lapide:

A.      P.      R.       M.

SISTE VIATOR IBI ARDAE QUANTUM EMERSERIT UNDA

NIMBIFERA NOCTE HAEC SIGNA NOTATA DABUNT

CERTA CATACLYSMI HUIUS NE MONUMENTA PERIRENT.

ALPHONSUS DELFO’ SOLLICITUS POSUIT

ID CONTING ANN 1766 DIE 25 APR.

U.       T.       N.       I.

TRADUZIONE (Le parole che formano gli acronimi, iniziale e finale, sono riportati in grassetto, la traduzione in grafia normale).

AD PERPETUAM RERUM MEMORIAM (a perenne ricordo)

FERMATI O VIANDANTE, QUESTO CONTRASSEGNO TESTIMONIA CON CERTEZZA FIN DOVE DELL’ARDA SAREBBE GIUNTA L’ONDA NELLA NOTTE TEMPESTOSA. E PERCHE NON SE NE PERDA LA MEMORIA IL CONTRASSEGNO ALFONSO DELFO’ SOLLECITAMENTE POSE.

QUESTO (contigitur) CI E’ TOCCATO NELL’ANNO 1766 IL GIORNO 25 DI APRILE

UT TESTAMENTUM NON IGNORANT (Affinché non si dimentichi questa testimonianza)

 

La testimonianza  è l’intaglio rettangolare all’angolo del fabbricato, alto cm. 6 e lungo cm 20 (Via G. Da Fiorenzuola) e cm. 26 (Via Carducci), che indica l’altezza raggiunta dall’onda di piena dell’Arda, in cui sono scolpite lettere quasi illeggibili che sembrano dire: Qui è giunta l’onda. Le lettere leggibili sono:

Lato via G. da Fiorenzuola: H U

  Lato via Carducci: O U E

 che ho interpretato come:

HIC UNDA (QUI L’ONDA)

    OBTULIT UBI EST (DOV’E’ APPARSA)

Cioè: QUESTO E’ IL PUNTO DELL’ALTEZZA RAGGIUNTA DALL’ONDA DI PIENA.

 

La scritta originale è riportata dall’Ottolenghi nel libro “Fiorenzuola e dintorni”, in cui alle pagine 178-179 riporta la cronaca dell’evento e, a pag. 429, la descrizione della lapide e di “la testimonianza” col testo integro (non danneggiato dal tempo), ossia:

Lato via G. da Fiorenzuola: H U C

Lato via Carducci: U S Q U E

Tradotto letteralmente QUI – FIN DOVE, all’impronta “FIN A QUESTO LIVELLO (giunse)”.

 

Tagliaferri, nel libro “Fiorenzuola la città delle tre rose”, descrive l’evento, a pag. 17, e, a pagina 181, riporta il testo della lapide più la traduzione data dall’Ottolenghi, oltre alla foto dell’incrocio tra Via Giovanni da Fiorenzuola e Via Carducci, in cui si evidenziano la lapide con l’epigrafe e “la testimonianza”.

 

L’AUTORE DELLA LAPIDE E DELL’INCISIONE

Sulla lapide si legge ALPHONSUS DELFO’ SOLLICITUS POSUIT. In pratica è la firma dell’autore, ma né Ottolenghi, né Tagliaferri accennano all’autore.

Nelle mie ricerche, eseguite secondo le regole della storiografia, cioè Cronologia, Atti pubblici e privati, cronache e pubblicazioni non recenti, ho trovato un Delfò in “Parma e la sua storia – Dizionario biografico”, alla lettera D, tratto dal libro “G. Picconi, Uomini illustri francescani, 1894, 32-33, oggi praticamente, introvabile, che riporto integralmente.

Da: Parma e la sua storia – Dizionario biografico lettera D

DELFÒ GHIRARDELLI ALFONSOBusseto ante 1720-Busseto 11 gennaio 1790
Espulsi da Busseto nel 1768 i Gesuiti, le pubbliche scuole, cui erano annesse la cattedre di filosofia e teologia, vennero affidate ai Francescani Osservanti. Il Delfò Ghirardelli vi ebbe allora l’incarico di preside. Del Delfò Ghirardelli esiste un ritratto a olio, conservato nel Convento di Cortemaggiore: la figura è a mezzo busto, ha l’aspetto di un uomo sui 70 anni, sparuto e macilente, che tiene in mano una lettera, la cui soprascritta dice: A.F. Alfonso Delfò Girardelli M.O. Teol. e Conf. de’ Ser.mi P. d’Armestat Regio Preside della Chiesa di S. Ignazio e delle Scuole di S.A.R. Busseto.

Nella chiesa Collegiata di Busseto, entro la cappella intitolata alla Madonna del Parto, si leggeva la seguente iscrizione (perduta): Jacet Hic P. Alphonsus Delfò Ghirardelli Inter Fratres Minores Minimus Anno 1790 Die 11 Me. Ia. P.M. Usque Huc F.
FONTI E BIBL: G. Picconi, Uomini illustri francescani, 1894, 32-33.

 

Da quanto sopra, credo che questo Delfò sia l’autore dell’epigrafe perché:

- è contemporaneo all’evento, nel 1766 aveva circa 50 anni di età;

- la sua posizione nell’Ordine Francescano giustifica un suo possibile intervento di soccorso, o di sola ispezione, al Convento dei Francescani, il cui chiostro era allora sottopassato dal Canale Pallavicino (mentre oggi sfocia nell’Arda all’altezza di via Donizetti e il paleo alveo è parte del sistema fognario della città);

- la lapide è scritta nel latino “classico” in uso nelle scuole religiose del 600/700, anche con qualche accenno di Latinus Cottidianus dell’area emiliana;

- il Delfò era una persona di ottima cultura, qualità richiesta per avere la nomina a preside delle scuole di filosofia e teologia, in un’epoca in cui la scelta era legata più alle opere che alla carriera della persona.

- Le due lapidi sono diverse o perché sono state scolpite in epoche diverse, quella di Delfò è quasi contemporanea all’evento, l’altra è posteriore, o per motivi di mancate relazioni tra il clero secolare e gli ordini religiosi, una costante dell’epoca.

 

Epigrafe della Collegiata

A sinistra della Porta Coeli della Collegiata, esisteva una epigrafe citata da Ottolenghi in “Fiorenzuola e dintorni” a pag. 424, su una lapide, di cui oggi esiste solo una traccia nel muro all’inizio di Via Gramsci (allora Contrada dei Mercanti). La lapide fu rimossa per motivi di sicurezza, avendo subito danni e fu accantonata.

Sulla lapide era incisa la seguente epigrafe, che riporto dall’opera di Ottolenghi.

A.  M.  D.  G.

E TORRENTE

IRRUENTIBUS AQUIS

TERMINUS

NE EXCEDERENT

PROTECTOR

NE VASTARENT

PRAESERVATOR

NE REDIVENT

FLORENTIUS

===                                  =====

ANO D.  MDCCLXVI XXV  APLIS

CAPIT.UM E CAN.CI  RECTORES ET PATRONI

POSUERUNT

 

                                                    TRADUZIONE

AD MAIOREM DEI GLORIA (A maggior gloria di Dio)

“S. Fiorenzo fu il Termine alle acque impetuose provenienti dal torrente,

 Protettore perché si fermassero, Preservatore perché non devastassero.

 Il 25 aprile 1766, il Capitolo e i Canonici, i Rettori e i Patroni, posero”.

 

Questa Epigrafe, dal tono celebrativo e scritta in un latino meno “aulico”, a differenza di quella del Delfò in via Carducci, dà luogo ad alcune considerazioni storiografiche.

- ci conferma che il nucleo antico (castellare ligure – pagus romano dei Velleiates più la Mansio della Via Aemilia) di Fiorenzuola, fu costruito su un conoide fluviale, alto almeno 4 metri sulla piana alluvionale.

Infatti si salvò la zona antica, più alta, mentre l’addizione medioevale-rinascimentale fu allagata e subì i danni gravi, tra cui la perdita dell’archivio storico comunale, sito nelle cantine della vecchia sede di Contrada Diritta (odierno Corso Garibaldi).

Ulteriore conferma e data dal Tagliaferri in “Fiorenzuola Citta’ Delle Rose”, pagina 17:

“Nel1766, La notte tra il 25 e 26/4, il torrente Arda ruppe gli argini ed inondò il paese danneggiando le case soprattutto in zona sud. Meno colpita furono Palazzo Bertamini e poche altre case in Piazza Molinari e Via Gramsci.”.

- Indirettamente conferma che il nome del primo Nucleo Urbano è, in latino, “Florentia”,

confermato dall’illustre Dott. Mario Casella in “Dell’antico nome di Fiorenzuola” (Bollettino Storico Piacentino, anno V, Maggio-Giugno 1910).

Florentia è il nome latinizzato di vari nuclei abitati costruiti su conoidi presso un guado fluviale, che nel Ligure reca la radice (C)rem, con varianti fonetiche, mentre nell’Etrusco è “Birenz”, che riporta il lemma “Biren” della proto lingua semitica, ossia l’Accadico (dalla città mesopotamica di AKKAD), che ha influenzato tutte le lingue Indeuropee, comprese le proto-italiche e celtiche confluite nel Latino, per la scrittura e per le parole o lemmi.

“Birenz” è il nome di fondazione dell’odierna Firenze (Beta palatale diventa Fi aspirato), poi Florentia in latino, avvenuta nel 150 a.C. sul conoide alla confluenza dei Mugnone e Terzolle nell’Arno, nei pressi di un guado (1).

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Note: (1) G. Semerano: Le origini della cultura europea. Olschki, Firenze 1994.

Salvatore Bafurno

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