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La caccia al tesoro dei manoscritti di Leonardo
del discendente dell’allievo prediletto del genio di Vinci

Presentato al PalabancaEventi il libro di Gian Vico Melzi d’Eril In casa Melzi con Leonardo

Una caccia al tesoro che dura da anni, spesso circondata da un’alea di mistero che fa diventare il racconto della ricerca un perfetto giallo storico. Il “cacciatore” risponde al nome di Gian Vico Melzi d’Eril che, in dialogo con Luca Paveri Fontana, ha presentato al PalabancaEventi (Sala Panini) il volume “In casa Melzi con Leonardo” (Brioschi Editore, pagg. 304, euro 22). A portare i saluti della Banca di Piacenza, il consigliere di amministrazione Domenico Capra, che ha espresso un pensiero in ricordo del compianto presidente Sforza Fogliani.
Il marchese Paveri Fontana ha definito il libro «molto interessante e frutto di una ricerca scrupolosa», tracciando una breve biografia dell’autore (alle spalle una carriera ospedaliera e universitaria, terminata come professore ordinario di Biochimica clinica all’Università di Milano, autore di 400 pubblicazioni su riviste scientifiche e sposato con una piacentina).
Dal canto suo il prof. Melzi d’Eril ha spiegato al numeroso pubblico perché uno che si laurea in Chimica e Medicina scrive qualcosa su Leonardo: «Tutto nasce - ha raccontato - dalla villa di famiglia a Vaprio d’Adda, che ancora posseggo insieme a mio fratello minore. Qui viveva il mio antenato Giovanni Francesco Melzi, allievo prediletto di Leonardo da Vinci che ereditò tutti i suoi manoscritti, che conservò gelosamente a Vaprio, anche se non riuscì a evitare la loro dispersione (in Inghilterra, a Parigi, a Milano, a Torino) ad opera dei discendenti». A partire dal figlio di Francesco, Orazio, che per disattenzione permise al precettore dei suoi figli - tal Lelio Gavardi d’Asola - di sottrarre dalla biblioteca Melzi 13 volumi vinciani. Dopo circa un ventennio, la persona che aveva accumulato più carte fu lo scultore Pompeo Leoni. «Ed è qui che succede il disastro, è qui che avviene la vera dispersione», ha aggiunto l’autore. Il Leoni, infatti, pensò bene di prendere singoli fogli, ritagliarli, incollarli, rilegarli senza una consequenzialità temporale e argomentativa, formando il Codice Atlantico e la Raccolta Windsor per rivenderli a collezionisti e aristocratici.
Il prof. Melzi d’Eril ha ricordato come la scintilla per raccontare questa storia sia scattata dopo una cinquantina di conferenze (la prima al Rotary di Varese), dove parlava del suo “incontro” con Leonardo ascoltando le spiegazioni di suo padre agli amici di famiglia che frequentavano la Villa di Vaprio, dove si respira l’atmosfera leonardesca (è presente un grande affresco d’ispirazione vinciana, Il Madonnone) e dove il Maestro soggiornava spesso, ospite della famiglia del discepolo preferito. «In tanti mi hanno invitato a mettere per iscritto quello che andavo raccontando - ha spiegato l’autore - e questo libro è il risultato». Una pubblicazione dove si incontrano storici, collezionisti, mecenati, speculatori, commercianti, approfittatori, e anche ladri (come Guglielmo Brutus Icilius Timelone Libri Carucci dalla Sommaja, 1803-1869) che hanno contribuito alla scomparsa dei preziosissimi appunti di Leonardo. Ai relatori, l’avv. Capra ha donato, al termine dell’incontro, la Medaglia della Banca a ricordo della serata.

7.3.’23

Il consigliere d'amministrazione Domenico Capra ha consegnato ai relatori la Medaglia della Banca

 

Luca Paveri Fontana e l'autore del volume Gian Vico Melzi d'Eril

 

 

 

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