«Francesco Daveri non fu tradito, il suo arresto
da parte dei tedeschi dovuto a un caso fortuito»
Nuovi particolari usciti da una missione a Washington finanziata dalla Banca sulla Resistenza nel Piacentino nella terza edizione del libro di Claudio Oltremonti Nelle S.P.I.R.E. del regime
«Larresto di Francesco Daveri non fu conseguenza di unattività di delazione, ma del tutto casuale». Questa è solo una - probabilmente la più importante, vista la statura del personaggio interessato - delle nuove ipotesi sulla Resistenza piacentina formulate da Claudio Oltremonti nella terza edizione del volume Nelle S.P.I.R.E. del regime (edizioni Amazon), presentata a Palazzo Galli nellambito dellAutunno culturale della Banca. Unedizione ampliata grazie allo studio di documenti inediti fatta dallautore durante una missione negli Stati Uniti, nellestate dellanno scorso, presso i National Archives di College Park a Washington. Lì, Oltremonti (che ha ringraziato la Banca, che ha coperto le spese della missione negli States) ha avuto modo di aver accesso alla documentazione sullattività svolta dallOSS (Office of Stategic Services, organizzazione che coordinava i vari servizi di intelligence americana, antesignana della CIA) in territorio piacentino: in pratica, lintera collezione di messaggi radio trasmessi e ricevuti dalle missioni dellOSS attive nella nostra zona durante la guerra di Liberazione.
Lavv. Daveri - ha spiegato il relatore - era un agente del SOE (Special Operation Executive), lequivalente britannico dellOSS, con il quale era entrato in contatto durante la fuga in Svizzera, come fece anche lavv. Raffaele Cantù, per un fatto di Bettola. Nel 1944, al rientro in Italia, operò a favore della Resistenza («il nucleo di comando di quella piacentina - ha specificato Oltremonti - era costituito dallasse Daveri-Longo). Il 18 novembre del 44 il Nostro venne arrestato (come scoprì il figlio Giorgio recuperando il registro del carcere) e portato a San Vittore col nome ricavato dai suoi documenti, Lorenzo Bianchi. Quel giorno, lavv. Daveri si recò presso labitazione delling. Gattorno (con il quale stava trattando unoperazione al mercato nero per un rifornimento di viveri) ma ad accoglierlo trovò i tedeschi. Da un documento inedito rinvenuto a Washington, Oltremonti è riuscito a spiegare la presenza dei tedeschi, che non cercavano Daveri ma Gattorno. Questultimo era un collaboratore di Mario Mocchi, influente personaggio che collaborava con la Resistenza ma che, dal 1932, aveva alle costole gli agenti dellOVRA. Uno di loro riuscì ad infiltrarsi e a guadagnare la sua fiducia. La polizia politica fascista entrò così in azione. Nella notte del 18 novembre 44 Mocchi - che abitava nella sede dellOrdine del Santo Sepolcro a Milano - venne avvertito che stavano andando ad arrestarlo, e con lui ling. Gattorno. Mocchi scappò e riusci ad allertare anche Gattorno, che non fece in tempo, però, ad avvisare Daveri, «che non fu tradito, ma solo sfortunato e vittima dellincompetenza di altre persone riguardo le più elementari regole cospirative», ha osservato Oltremonti.
Lautore ha presentato il volume in colloquio con il presidente esecutivo della Banca Corrado Sforza Fogliani, che ha elogiato il libro anche dal punto di vista editoriale, per la scelta di arricchirlo con lindice onomastico, «molto utile per gli studiosi, anche se faticoso da fare». Riprendendo il significato del titolo, il presidente Sforza - non prima di aver ringraziato tutti gli intervenuti, tra i quali il questore Piero Ostuni - ha spiegato che sotto allacronimo S.P.I.R.E., che significa Studio Progetti Industriali Ricostruzioni Edili, si nascondeva (al numero 10 di via Muti, attuale via Borghetto) la sede dellUfficio Politico Investigativo della GNR, che aveva un rapporto conflittuale con la Questura, allinterno della quale si era formata una cellula informativa guidata da Mario Saccardo (presente in sala la figlia Adele, con Maria Pia Daveri, figlia dellavv. Francesco e Andrea Bertini, figlio di Manfredo, medaglia doro della Resistenza, capo di una delle missioni dellOSS condotte in territorio piacentino). Missioni che Oltremonti ha descritto ricordando gli altri protagonisti delle stesse: Mario Fiorentini (uno dei partigiani più medagliati dItalia, 101 anni, ancora vivente a Roma e di cui è stato trasmesso un breve filmato con una sua intervista), Emilio Lombardi, e il maggiore Adolfo Longo, artigliere, alla guida del servizio informativo Nicoletti.
E seguito un ampio dibattito, che ha toccato vari aspetti della lotta di Liberazione nel Piacentino. Levento, iniziato alle 18 (Sala Panini piena), è durato sino alle 20,10.
L'antico palazzo nobiliare al numero 10 di via Borghetto (ai tempi via Muti) che non era mai stato identificato prima di oggi: era sede - sotto l'acronimo S.P.I.R.E. - dell'Ufficio Politico Investigativo della GNR