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«Fu il delitto Matteotti a impedire la nascita
di un partito laburista con fascisti e antifascisti»

Presentato al PalabancaEventi il libro di Ferdinando Bergamaschi sui tentativi di pacificazione tentati da Mussolini e il cui fallimento portò alla svolta autoritaria

“Quando un libro suscita domande e discussioni su temi fondamentali come quelli che si sono voluti qui affrontare, ciò significa che quel libro ha colto nel segno”. Questo un passaggio della postfazione di Giuseppe Parlato (ordinario di Storia contemporanea all’Università Pio V) al volume di Ferdinando Bergamaschi “Fascisti e antifascisti - Tentativi di conciliazione” (Pendragon editore), presentato al PalabancaEventi di via Mazzini (Sala Panini) dall’autore in dialogo con l’editore bolognese Antonio Bagnoli.
Emanuele Galba, che ha moderato l’incontro, ha portato i saluti di Amministrazione e Direzione della Banca di Piacenza e sottolineato come la pubblicazione Bergamaschi l’abbia voluta dedicare anche al compianto presidente esecutivo dell’Istituto di credito Corrado Sforza Fogliani, in quanto l’idea del libro è nata proprio dalle lunghe chiacchierate tra Ferdinando e il Presidente, autore della prefazione, dove aveva sottolineato di apprezzare in particolare, dell’autore, l’allergia al pensiero unico.
L’editore (e scrittore) Bagnoli, nel suo intervento, è partito proprio dalla considerazione del prof. Parlato citata all’inizio, definendo l’opera «interessante e importante» perché cerca di «illuminare zone della storia che non vogliono essere illuminate». E lodando l’approccio, che parte da quattro episodi storici (i patti di pacificazione del 1921, il Concordato, Berto Ricci e la sinistra fascista e la politica dei ponti durante la Rsi) «e li utilizza da muri perimetrali per costruire la tesi di fondo sostenuta nel libro: quella del fascismo dell’origine, che puntava a realizzare ed imporre una democrazia radicale di tipo roussoviano - all’opposto di quella parlamentare - con la volontà di coinvolgere direttamente il popolo nella vita della nazione, creando un vero e proprio Stato sociale anche a scapito della libertà».
Ferdinando Bergamaschi ha aperto e chiuso il suo intervento ricordando Corrado Sforza Fogliani, al quale era molto legato, e ha ringraziato l’editore e la Banca per l’ospitalità. «Almeno in fase iniziale il fascismo italiano - ha argomentato l’autore - fu un movimento trasversale con l’obiettivo, attraverso la mobilitazione del popolo alla vita della nazione, di fare una rivoluzione anticapitalistica e antimarxista. Da qui il primo tentativo di Mussolini, nel 1921, di formare un partito laburista con i socialisti e la Confederazione generale del lavoro. Il delitto Matteotti fu però la pietra tombale a questo tentativo. L’evoluzione fu la svolta autoritaria e violenta, due cose nemiche della libertà e quindi assolutamente da condannare».
E’ seguito un interessante dibattito con il pubblico presente, al quale hanno portato il loro contributo, tra gli altri, il giornalista Vittorio Testa, il prof. Francesco Mastrantonio e l’avv. Antonino Coppolino.

30.5.’23

Ferdinando Bergamaschi, Emanuele Galba, Antonio Bagnoli

 

Uno scorcio del pubblico in Sala Panini

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