IL QUOTIDIANO "LIBERTA'" E LA MORTE DI VERDI
<<Verso la mezzanotte il viso impallidì e parve subito emaciato. Cominciò qualche sibilo a tradire i nuovi ostacoli al respiro, che si fece grado a grado più breve e più affannoso. Tutti i congiunti e gli amici si trovarono ad un incanto raccolti attorno al letto. A ogni dieci, dodici atti respiratori seguiva una pausa: e le pause andarono via via facendosi più frequenti, più lunghe; poi il ritmo ripigliava, Verso l'una parve finita: da parecchi interminabili secondi non si avvertiva un moto, non un sussulto. Ma la vita riprese fino a una seconda e più lunga sospensione. Già Grocco si alzava per accertarne la morte, quando il petto si so0llevò un'altra volta, e il respiro si avviò a nuove fatiche. Tutti si guardarono esterrefatti. Pareva che fosse vinta la morte e seguì infatti un'ora di sonno più tranquillo e la gente che attorniava il letto si disperse nelle stanze vicine. Alle 2 e mezza dei passi frettolosi, chiamate a gesti, raccolsero in un baleno tutti quanti nella sacra camera. Erano alterne vicende di lunghi pause, di brevi respiri. Alle 2,50 dopo un'angosciosa, interminabile attesa, Grocco si chinò sul viso immobile e lo baciò. Questo fu l'annuncio della morte>>.
Così Giuseppe Giacosa su Libertà di lunedì 28 gennaio 1901 descrisse la morte di Giuseppe Verdi avvenuta il giorno prima. Il poeta e commediografo fu testimone, insieme a Boito, all'editore Ricordi e ai congiunti, della lunga e tribolata agonia del musicista avvenuta in una stanza dell'Hotel Milan, mentre fuori, in strada, sul selciato sul quale era stata sparsa la paglia per attutire il tumore delle carrozze, una folla ammutolita era in attesa della dipartita del Grande Vegliardo, come lo chiamavano i giornali che da giorni dedicavano la prima pagina alla sua malattia.
Anche i piacentini appresero la notizia del suo improvviso malore, il 22 gennaio, scorrendo le pagine di Libertà. <<Stamane alle 10,30 il maestro Giuseppe Verdi che alloggiava all'Hotel Milan, mentre si vestiva, veniva colpito da grave malore - scriveva Libertà - si credette dapprima trattarsi di un eccesso uremico - soffrendo da qualche tempo il Maestro di un'infermità alla vescica - ma poi dopo una pronta visita si poté stabilire trattarsi di una indisposizione provocata da indigestione>>. A piede pagina, in neretto, una notizia dell'ultima ora da Milano capovolgeva il quadro della situazione: dopo un consulto tra i medici e il professor Grocco, era stato stilato un bollettino che lasciava poche speranze sulle condizioni di Verdi: <<I disturbi sono acuti, il circolo cerebrale sensorio è assopito. Le condizioni sono gravi>>. Verdi, annotavano i medici, era stato colpito <<da insulto cerebrale con paralisi della parte destra del corpo>>. Il malato aveva perso l'uso della parola e le temperatura era superiore ai 38 gradi.
La malattia del grande musicista suscitò molta impressione anche a Piacenza. La redazione di Libertà, allora in via XX Settembre, venne subissata dalle richieste di informazioni; il prefetto Reichlin mandò un telegramma alla nipote facendosi portavoce della cittadinanza con l'augurio che il Maestro potesse tornare col tempo a godere della <<venerazione del mondo>>. Ma il trascorrere delle ore spegneva ogni residua illusione. Malgrado la fibra <<straordinariamente persistente>>, Verdi era in coma. Al capezzale venne chiamato anche don Fedele (già confessore di Manzoni) che gli impartì l'estrema unzione.
Sabato 26 gennaio Libertà dava ampia evidenza all'aggravamento del Maestro. <<Dalla farmacia Tolini partono di tanto in tanto grosse bombole di ossigeno che potrà prolungare, ancora un po', se possibile, la gloriosa esistenza del Grande Vegliardo>>, informava in giornale. L'agonia è lenta, anche i medici ormai rinunciano alle iniezioni, <<intorno all'Hotel Milan regna un silenzio di tomba>>. All'alba di domenica 27 gennaio la fine. I piacentini l'apprenderanno solo nella tarda mattinata in quanto - come lamenta il giornale - <<il telegramma con la ferale notizia spedito da Milano alle 3,40, non ci fu recapitato che alle 8, ora in cui si apre l'ufficio telegrafico>>, in tempo però affinché uscisse in edizione straordinaria. In prima pagina il testamento del musicista suscita molta commozione: <<Ordino che i miei funerali siano modestissimi e si facciano allo spuntar del giorno o all'Ave Maria, di sera, senza canti e suoni. Basteranno due preti, due candele ed una croce. Si dispenseranno ai poveri di Sant'Agata lire mille il giorno dopo la mia morte. Non voglio alcuna partecipazione alla mia morte con le solite forme>>. Le sue sostanze, ammontanti a circa sei milioni, le destinerà ad opere benefiche (tra cui tre poderi all'ospedale di Villanova da lui creato) e alla casa dei musicisti, altra sua benefica istituzione. <<Nell'atto di morte del maestro Verdi stilato l'altro ieri a Milano - scrive ancora Libertà - c'è un errore che ci preme rettificare. Si dice: è morto Verdi Giuseppe, di anni 87, maestro di musica residente a Sant'Agata (Busseto)... Sant'Agata è in Comune di Villanova perciò viene ad essere nella provincia di Piacenza, mentre Busseto è in provincia di Parma>>.
Sempre in cronaca ci si sofferma sui rapporti che Verdi ebbe con Piacenza, sulla <<preziosa amicizia>> che ebbe con Giovanni Zaffignani, direttore della prima calzoleria della città, in via Garibaldi, nel negozio dove il Maestro si recò diverse volte per commissionarvi scarpe e stivali. A Piacenza scendeva all'albergo San Marco, sempre in grande segretezza. <<Prego di non dire nulla a nessuno del mio arrivo a Piacenza, altrimenti mi rovinerei la giornata>>, scriveva a Zaffignani, il quale gli faceva anche da guida all visita delle chiese cittadine.
Libertà di allora aggiunge un aneddoto su Giuseppe Verdi, scontroso e a volte scostante ma anche sorprendentemente ospitale. Come quella volta che il medico condotto di Monticelli, trovatosi a passare per la villa di Verdi, fermò il calesse per sbirciare da vicino tra i cancelli della villa. <<Desidera qualcosa?>> gli domandò Verdi in persona sbucato dietro a un albero. <<Desidero vedere lei>> rispose il dottore. <<Dica piuttosto che vuole sentire un po' di musica: si accomodi>>, replicò il Maestro. <<E il medico condotto ebbe l'onore di un concerto verdiano suonato da Verdi stesso, accompagnato dall'offerta di squisito vin santo del Piacentino>>.