CORSIVETTO

CORSIVETTO

di

Corrado Sforza Fogliani

Turpiloquio

 

Parliamo di turpiloquio. Quello del parlare laido, osceno, infarcito di parolacce insomma (come fanno spontaneamente – purtroppo – i giovani d’oggi, o come fanno anche – in modo studiato – i vecchi d’oggi che vogliono sembrare giovani)? No, parliamo di un altro turpiloquio: quello del parlare disonesto.

Ad esempio, se vi dicono che uno è stato condannato per “associazione di tipo mafioso”, cosa pensate? Che sia un mafioso, vero? Ma avete torto, perché il reato associativo in parola riguarda chiunque, appartenente alla mafia o no (intesa – quale tutti la intendono – come organizzazione criminale ben localizzata), faccia parte di un’associazione i cui componenti, per delinquere, “si avvalgono” (risiedendo magari in Alto Adige, senza nessun collegamento con la mafia come tale) “della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva”. Quindi: ogni condannato per questo reato (o per quello, distinto, di “scambio elettorale politico-mafioso”, per il quale vale lo stesso discorso, integralmente) entra fra l’altro nelle statistiche come autore di un reato commesso dalla mafia e – ripreso dai media – fa aumentare la percezione dell’influenza mafiosa in Italia. Qui, dunque, il turpiloquio è dello stesso legislatore.

Analogamente (e ne ho già scritto) per i reati di stupro e di violenza alle donne. Se sentite in tv che una donna è stata “stuprata”, cosa pensate? Che una donna sia stata “sverginata” (come correttamente, invero, si dovrebbe pensare, anche secondo il diritto canonico) o, quantomeno, che le si è imposto, contro la sua volontà, un atto sessuale di congiunzione violenta. Altrettanto, penserete ad un congiungimento non tra consenzienti, se vi dicono che una donna è stata violentata. Errori gravissimi entrambi, invece. In tempi recenti , infatti, gli atti sessuali imposti (quali che essi siano) sono tutti quanti stati ricondotti alla fattispecie della “violenza sessuale”. Per cui , anche un succhiotto (come di recente ha deciso la Cassazione) è una violenza, e di una donna che lo ha subito si può dire che è stata “violentata”. Capito? Per un succhiotto, insomma, si può usare un’espressione che ha sempre significato “congiunzione”. Ora: tutti gli atti imposti (anche non sessuali) sono evidentemente da condannarsi, questo è logico. Ma una cosa è imporre una congiunzione, e un’altra cosa è imporre un succhiotto, o anche solo un bacio. Per la definizione di legge, invece (ecco il turpiloquio) sono la stessa cosa. Insomma: ecco perché le violenze sulle donne sono aumentate tantissimo… perché gli hanno cambiato nome, e basta! Penso sempre (per questo ed altro) che quando fra 100 anni parleranno di questo nostro periodo storico, diranno: “Questo fu, per l’Italia un periodo di cretinismo acuto”. E passeranno oltre.