DANIELE CAPEZZONE SUL “METODO” DEL PIACENTINO RAINERI

Ogni lunedì Giuditta’s files, newsletter settimanale dell’on. Daniele Capezzone - politico italiano, ex portavoce del Popolo della Libertà e Forza Italia, ora tra le fila del partito Conservatori e Riformisti - consiglia la lettura di un libro italiano.

Questa settimana si è occupata del volume “Memorie di guerra e di governo di Giovanni Raineri”, a cura di Aldo G. Ricci (Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Comitato di Piacenza, 2016) ed edito dalla Banca di Piacenza.

Scrive l’on. Capezzone: “Si deve alla passione, alla tenacia, all’amore per le idee liberali dell’avvocato Corrado Sforza Fogliani, alla meritoria opera del Comitato di Piacenza dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano e al puntuale lavoro del curatore Aldo G. Ricci, la pubblicazione delle ‘Memorie di guerra e di governo’ di Giovanni Raineri, allora ministro delle terre liberate dopo la Prima Guerra Mondiale e morto ormai 72 anni fa.

Fu lui, nei drammatici anni successivi al conflitto, a occuparsi di concepire la ricostruzione delle aree che erano state letteralmente distrutte e devastate dalla Grande Guerra, a partire dal Friuli. E fu lui, con un Regio Decreto del 1920, a immaginare una formula di limpida impronta liberale, meno permeabile alla corruzione (senza inventarsi ‘supplenze’ di ‘Autorità anticorruzione’), volta ad un uso accorto e non allo spreco del denaro pubblico.

La soluzione fu quella di affidare la gestione dei finanziamenti per la ricostruzione ai consorzi dei privati danneggiati. E fu un’impostazione dai tratti innovativi e azzeccatissimi:

1.   perché, secondo la migliore ‘grammatica’ liberale, ebbe il merito di sancire una netta distinzione tra chi doveva agire (i privati) e chi doveva invece controllare, cioè lo stato, a cui fu ovviamente attribuita la necessaria funzione di verifica e approvazione finale;

2.   perché ebbe il merito, ‘saltando i passaggi’, di ridurre lungaggini e intermediazioni burocratiche;

3.   perché, per quella via, ieri come oggi sarebbe più facile evitare sia gli sprechi di denaro pubblico sia i rischi di corruzione (non a caso il piano Raineri subì allora un feroce ostracismo da ampi settori politici).

Ha ragione Corrado Sforza Fogliani quando ripropone questa impostazione anche oggi, un secolo dopo, per la ricostruzione post-terremoto.

E non solo per l’obiettivo ragionevolissimo di evitare sperperi e di garantire voce in capitolo a chi sa meglio di altri cosa fare (cioè i soggetti direttamente interessati), ma anche per ritornare a una impostazione sana, cara al mondo liberal-conservatore anglosassone, per cui il compito della mano pubblica non è fare tutto, non è ‘impicciarsi’ di ogni aspetto della vita economica, non è agire da giocatore, ma è assumere il ruolo dell’arbitro, lasciando più spazio alla società, agli attori del mercato, ai privati. Non abbiamo bisogno di un ‘big state’, ma di una ‘big society’: e oggi è forse ancora più vero di ieri.

Da anni, in Italia, e sotto diversi colori politici (quasi senza distinzioni), ci siamo invece abituati a una logica opposta, spesso anche animata da nobili intenzioni (attività di protezione civile, soccorso ai danneggiati, realizzazione di grandi eventi, ecc): e questa logica è quella di procedure eccezionali, con binari di spesa che viaggiano secondo ‘regole’ non ordinarie. E’ evidente che, nella peggiore delle ipotesi, tutto ciò alimenta e lubrifica sprechi e corruzione.  Ma anche nella ‘migliore’ delle ipotesi, si tratta di un’ammissione di impotenza: la mano pubblica si rende conto di non poter agire per vie ordinarie, ma non vuole nemmeno rinunciare a un interventismo pervasivo e a tutto campo, e quindi si inventa ‘corsie preferenziali’ fuori dalle regole tradizionali.

E’ la soluzione sbagliata, conclude Capezzone: molto meglio lasciare spazio ai privati, e restituire allo stato la sua più opportuna e adeguata funzione di vigilanza, garanzia e controllo”.

 

15.11.’16