L’art. 4 del d.l.. 24 aprile 2017, n. 50, come convertito in legge (la c.d. Manovra correttiva 2017) contiene quello che la rubrica definisce il “regime fiscale delle locazioni brevi”.
Ai fini della disposizione in questione, per “locazioni brevi” si intendono – recita il comma 1 – “i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare.
Si tratta di una disposizione che – come vedremo – pone diversi problemi sia di carattere interpretativo sia di tipo operativo.
La norma fa – sostanzialmente – le seguenti cose:
a) conferma l’applicabilità della cedolare secca sugli affitti, in via opzionale e quale regime tributario alternativo all’Irpef, alle locazioni fino a trenta giorni;
b) precisa – con quali conseguenze, sarà oggetto di interpretazione – che le nuove disposizioni, e quindi anche la cedolare, si applicano anche quando le locazioni “prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali”;
c) estende l’applicabilità della cedolare ai corrispettivi lordi derivanti dai contratti di sublocazione e dai contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile a favore di terzi, stipulati alle condizioni indicate al comma 1;
d) prevede l’obbligo di comunicare (curiosamente senza indicare a quale ente) i dati relativi ai contratti sopra richiamati da parte dei soggetti “che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”;
e) impone – ai “soggetti residenti nel territorio dello Stato che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in ricerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare, qualora incassino i canoni o i corrispettivi relativi” ovvero “qualora intervengano nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi” – l’obbligo di operare, in qualità di sostituiti di imposta, una ritenuta del 21% “sull’ammontare dei canoni e dei corrispettivi all’atto del pagamento al beneficiario”, con conseguente onere di provvedere al relativo versamento e alla relativa certificazione;
f) interviene in materia di imposta di soggiorno: prevedendone – anche se attraverso una formulazione equivoca – l’applicazione alle locazioni turistiche (e non solo alle “strutture ricettive”), consentendo di istituirla da parte dei Comuni che non l’abbiano sinora istituita e di “rimodularla” nelle città ove già sia vigente.
Il comma 3-bis prevede che, con regolamento da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, “possono essere definiti, ai fini del presente articolo, i criteri in base ai quali l'attività di locazione di cui al com-ma 1 del presente articolo si presume svolta in forma imprenditoriale, in coerenza con l'arti-colo 2082 del codice civile e con la disciplina sui redditi di impresa di cui al testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, avuto anche riguardo al numero delle unità immobiliari locate e alla durata delle locazioni in un anno solare”.
Di seguito qualche considerazione sugli aspetti di maggiore interesse per la proprietà immobiliare.
La conferma della cedolare secca per le locazioni brevi
Come anticipato, dal punto di vista sostanziale la norma conferma l’applicabilità della “cedolare secca sugli affitti” di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 23/2011 anche alle locazioni definite brevi, vale a dire a quelle di durata “non superiore a 30 giorni”.
Il provvedimento che ha introdotto la cedolare, infatti, non fa alcuna distinzione in merito alla durata dei rapporti di locazione, prevedendo la possibilità di applicare il regime fiscale sostitutivo a tutti i contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo locati ad uso abitativo, nel rispetto delle condizioni soggettive previste, e stabilendo – anzi – che il tributo può essere applicato anche ai contratti di locazione non soggetti all’obbligo di registrazione. La stessa Agenzia delle entrate aveva avuto modo di puntualizzare – nella circolare n. 26/E/2011 – che l’opzione per la cedolare “può essere esercitata anche per i contratti di locazione di durata inferiore a trenta giorni nell’anno, per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione in termine fisso”.
La durata dei contratti
Per ciò che concerne la durata, la norma parla di contratti “di durata non superiore a 30 giorni”. L’assenza di ulteriori specificazioni dovrebbe consentire di dedurre che il limite sia riferito al singolo rapporto contrattuale, con qualunque soggetto sia concluso. Con la conseguenza di escludere qualsiasi analogia con la disposizione – valida in tutt’altro contesto – che esclude l’obbligo di registrazione per i contratti “di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell’anno”. Norma che l’Agenzia delle entrate ha interpretato nel senso che la durata del contratto debba essere deter-minata computando tutti i rapporti di locazione anche di durata inferiore a trenta giorni intercorsi nell’anno con il medesimo locatario.
La “fornitura” di biancheria e la pulizia dei locali
Il comma 1 dell’art. 4 stabilisce che – ai fini dello stesso articolo – si intendono per contratti di locazione breve anche quelli “che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali”.
La disposizione non brilla per chiarezza. Delle due l’una. Se il termine “fornitura” fosse stato utilizzato nel senso di dotazione, cioè di prima fornitura, la definizione di prestazione di servizi non sarebbe appropriata e, comunque, verrebbe ribadito quanto già dovrebbe essere assodato (salvo fantasiose interpretazioni, sovente operate da disposizioni regionali di dubbia o nessuna legittimità): vale a dire che la locazione – che, secondo il Codice civile è “il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo” – non esclude la fornitura iniziale di biancheria (nel senso, appunto, di dotazione). Se, invece, con il termine “fornitura” si fosse inteso fare riferimento al cambio della biancheria nel corso della permanenza dell’ospite, ci si troverebbe di fronte ad una novità sostanziale, peraltro coerente con il riferimento alla prestazione di servizi, venendo di fatto ad ammettersi una locazione comprensiva, per l’appunto, della prestazione di servizi alla persona.
Analogo discorso va fatto con riferimento alla pulizia dei locali. Allo stato, può ritenersi che configuri prestazione di servizi esclusivamente una pulizia dei locali oggetto della locazione che venga effettuata durante la permanenza dell’inquilino. Con la conseguenza, anche in questo caso, che, se il legislatore ha inteso riferirsi a tale ultima fattispecie, l’effetto è quello di un oggettivo ampliamento dei confini della locazione.
Il tutto – va sottolineato – viene stabilito “ai fini del presente articolo” e quindi dell’applicazione del regime fiscale ivi previsto e delle norme procedurali collegate (ritenuta e comunicazione). Con la conseguenza – in attesa del regolamento governativo – che, se si addiviene all’ipotesi che il legislatore abbia voluto effettivamente fare riferimento alle due specifiche prestazioni di servizi sopra indicate (cambio della biancheria e pulizia dei locali durante la permanenza dell’inquilino nell’immobile), in presenza di tali condizioni non potrebbe mai ipotizzarsi lo svolgimento di un’attività imprenditoriale (neppure ai fini della disciplina Iva, evidentemente) e dovrebbe sempre ammettersi l’applicabilità della cedolare o, in alternativa, dell’Irpef quale modalità di tassazione sul reddito delle entrate derivanti da questa particolare forma di locazione.
L’estensione del regime sostitutivo
Il comma 3 dell’art. 4 stabilisce che le disposizioni del comma 2 – vale a dire quelle, appena sopra riportate, relative all’ambito di operatività della cedolare – “si applicano anche ai corrispettivi lordi derivanti dai contratti di sublocazione e dai contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile da parte di terzi, stipulati alle condizioni di cui al comma 1”.
Per quanto riguarda la sublocazione, era stata proprio l’Agenzia delle entrate – nella citata circolare n. 26/E/2011 – a rilevare che il regime fiscale della cedolare secca “non trova applicazione con riferimento ai contratti di sublocazione di immobili, in quanto i relativi redditi rientrano nella categoria dei redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lett. h), del Tuir e non tra i redditi di natura fondiaria”. Si tratta, pertanto, di una oggettiva estensione dell’ambito applicativo di questa modalità di tassazione alternativa all’Irpef.
Anche l’inclusione del comodatario fra i soggetti legittimati ad optare per la cedolare secca – essenzialmente per contratti di locazione, deve ritenersi – rappresenta un ampliamento della sfera di azione del regime fiscale sostitutivo. L’art. 3 del d.lgs. n. 23/2011, infatti, concede tale facoltà esclusivamente al proprietario e al titolare di diritto reale di godimento.
avv. Giorgio Spaziani Testa
presidente Confedilizia