- La Salita, un’esperienza mistica
- Pordenone è il primo manierista padano
- Pordenone ha la capitale della sua attività a Piacenza
- Caravaggio è stato in questa chiesa
- La cappella Sistina del Pordenone
- Uno dei grandi artisti italiani del Rinascimento
- Sono certo che Caravaggio è venuto a Cortemaggiore a vedere il Pordenone
- Immagina che Leonardo sia passato a Monticelli e abbia studiato il suo precursore dell’Ultima Cena
La Salita, un’esperienza mistica
Oggi farete questa esperienza della Salita. Un’esperienza in sé mistica. Un’esperienza in sé religiosa. Salire senza un’impalcatura, ma per un percorso interno, con un sentiero favorito dalle integrazioni, dalle passerelle volute dalla Banca di Piacenza, arriverete a vedere, appunto da vicino, gli affreschi di Pordenone e quelli del Sojaro, un pittore che ha fatto la fascia più bassa, quella del tamburo. Gatti, un pittore anche lui notevole, in questa di cui racconteremo essere… l’epoca di cui stiamo parlando si chiama Manierismo o Maniera… e quindi questa esperienza della Salita è importante perché ci dà l’idea non soltanto di quello che il pittore ha fatto, ma anche di qualcosa che ci avvicina al cielo. Stiamo salendo verso il cielo. Anche qui la metafora religiosa è abbastanza chiara. La possiamo anche enunciare. Nel senso che quello della Salita altro non è che un modo e un espediente con cui si rende migliore consapevolezza di quello che l’artista ha fatto. E qui… chiamata […] “Salita dei pittori” perché i pittori piacentini, fra ‘800 e ‘900, questo percorso fecero, consapevoli della grandezza di Pordenone. Per arrivare a vederlo meglio. Quindi fecero questo percorso più impervio, che oggi è agevolato, per conoscere e vedere meglio Pordenone. Oggi voi lo farete più comodamente, con piccoli gruppi che saliranno al cielo.
V. Sgarbi, S. Maria di Campagna
14.4.’18
Pordenone è il primo manierista padano
Pordenone arriva carico di un’esperienza fondamentale: prima di arrivare a Cremona, Pordenone è uno dei pochi pittori dell’area veneta che era stato a Roma… e quindi ecco – e qui si capisce quello che vediamo nella vostra cupola – che uscendo dall’incubo di Venezia, dalla difficoltà di entrare in uno spazio controllato territorialmente da Tiziano, lui arriva a Roma ed entra in contatto con Raffaello, che era ancora vivo, con Michelangelo… e non è escluso che li abbia perfino conosciuti e parlato con loro… e vede quello che essi hanno fatto nelle Stanze Vaticane e nella Cappella Sistina. Per cui si carica di un’esperienza nuova, si carica di una dimensione che va oltre Giorgione, va oltre Tiziano. Entra direttamente in rapporto con i grandi maestri della pittura toscana e otterrà un riconoscimento da parte di Vasari. Vasari, che prima abbiamo descritto come una specie di grande sostenitore del mondo toscano, sentite cosa dice di Pordenone: “… il più raro e celebre nella invenzione delle storie, nel disegno, nella bravura, nella pratica dei colori, nel lavoro a fresco, nella velocità, nel rilievo grande e in ogni altra cosa delle nostre arti”. Incredibile, si sbilancia fino a dire tutto il bene possibile, perché? Per la ragione per la quale Pordenone, nell’arco di qualche anno, assumerà un rilievo superiore a quello che sin qui ha assunto, perché egli è il primo manierista padano. È il primo in assoluto che si confronta con Raffaello e Michelangelo. Prima di quello che è il paradigma dei manieristi padani, che è il Parmigianino, che nasce nel 1503 – quindi ha vent’anni di meno – e arriva nel 1525 a Roma, quando ormai è morto Raffaello. Arriva quindi più tardi. Viene in qualche modo illuso di essere il successore di Raffaello… Papa Clemente VII… quindi è contento come una Pasqua, come uno arrivato a Cinecittà dalla campagna e quindi sente… poi in realtà c’è il Sacco di Roma che gli impone di tornare indietro e ripiega su Bologna e poi finirà la sua vita a Parma. Esperienza bellissima, di un artista straordinario. Ma Pordenone non ha questo problema, perché arriva a Roma, credo, tra il 1516 e 1518. Abbiamo la certezza che questo percorso lo ha fatto perché in una piccola città in Umbria, ad Alviano, c’è un affresco in cui Pordenone si manifesta nella sua incipiente pienezza e poi arriva a Roma… e lì vive una esperienza, che è quella dei grandi pittori che lavorano nella città eterna. Quindi torna indietro con l’abito mentale di un veneto, che ha risciacquato […] i panni non in Arno, ma in Tevere, che è riuscito a vedere tutto quello che più importante è stato concepito nell’arte fino a quel momento… e quindi diventa, qui prima di tutti, forse anche prima dei toscani, quello che esprime la Maniera moderna. Quello che si chiama Manierismo. Cos’è la Maniera moderna? Che davanti alla perfezione di Raffaello e di Michelangelo, non possa pensare di fare qualcosa di nuovo, ma semplicemente rifare la loro maniera, la maniera di Michelangelo. Quello che fu l’obiettivo della vita di Vasari che lo porta a questo riconoscimento… era morto da undici anni, Pordenone, muore nel 1539. Nel 1550, avendolo probabilmente anche incrociato, Vasari lo ammira, lo stima, lo considera e lo valuta proprio per essere stato il primo interprete della pittura romana nel nord Italia. Sono gli anni in cui quella pittura si espande verso l’area padana per un altro artista che era stato in rapporto con Raffaello, ma che arriva qui dopo che Pordenone è sceso: Pordenone scende nel secondo decennio, negli anni ’16-’18, quindi prima di tutti. È il primo che fa questo viaggio. Nel 1524 salirà, dopo quattro anni dalla morte di Raffaello, Giulio Romano, a Mantova. Mantova è una specie di satellite del mondo romano. A Palazzo Te – lo conoscete, un luogo importante, diventato sede di grandi esposizioni – ha gli affreschi di un pittore romano che è stato allievo di Raffaello. Quindi sarà un necessario riferimento per tutto il mondo del nord, avere un pezzo di Roma lì vicino. Ma l’apripista di questo percorso è Pordenone. Ed è Pordenone che va a vedere direttamente quello che nel 1514 e nel 1515 aveva toccato le nostre terre padane, grazie alla pala di Piacenza, di Raffaello. Quella bellissima pala di San Sisto, nella quale Raffaello viene e ci racconta di quei due bambini che si affacciano per le emozioni assolutamente nuove e poi poco dopo, a Bologna, nella pala di Santa Cecilia, entrambe testimonianze di un mondo nuovo che arriva qui. Ma, certo, arrivare a… in Emilia Romagna vuol dire che non c’è bisogno di molti artisti per spostarsi. Correggio forse non andrà mai a Roma, gli basterà vedere tra Piacenza e Bologna quello che Raffaello ha fatto. E così Innocenzo da Imola e così Girolamo da Treviso. Tanti artisti che probabilmente si accontentano di vedere questi due presidii raffaelleschi, di cui Piacenza è luogo determinante di questa novità, che è la pittura moderna, come se fosse arrivato un Picasso, improvvisamente, a Piacenza… e così a Bologna. Ma Pordenone va direttamente sul campo, vede e conosce. Quindi possiamo dire che per le sue date, per essere morto abbastanza presto, nel 1539, egli sia il primo manierista padano.
V. Sgarbi, S. Maria di Campagna
14.4.’18
Pordenone ha la capitale della sua attività a Piacenza
Pordenone ha la capitale della sua attività a Piacenza. A Cortemaggiore per un primo passaggio, lasciando una deposizione indimenticabile che entrerà negli occhi di Caravaggio per sempre. Caravaggio nella sua deposizione poi tornerà a ricordare quella di Cortemaggiore e poi, soprattutto, negli affreschi di Santa Maria di Campagna, partendo dalla cappella di Santa Caterina, che vedete qui a destra, con una tela e poi continuando con decorazioni ad affresco. Ora, fatto questo panorama, dobbiamo immaginare che, in quegli anni, fra il 1520 e 1530, capitino qui, in Emilia Romagna, alcuni degli episodi più importanti dell’arte italiana, che sono gli anni in cui un coetaneo di Raffaello e di Pordenone, un po’ più giovane, ma sostanzialmente coetaneo, come Correggio, fa delle meravigliose cupole, che sono veramente lo sfondamento del cielo. Le cupole di Correggio sono il tentativo di unire lo spazio fisico della chiesa allo spazio impalpabile del cielo e, nello stesso spirito, quello che vedete sulla vostra testa, dove negli spicchi si vede la rappresentazione di profeti e di sibille che stanno, proprio nello spirito di Michelangelo, a indicare verso l’alto, nel lanternino, la presenza di Dio. Salendo, salendo e salendo a un certo punto il Padre Eterno, in alto… con gli angeli che gli stanno intorno… e più ancora sono visibili negli affreschi di Cortemaggiore… è il punto a cui additano il nostro sguardo… i profeti in fondo sono una mediazione tra la terra e il cielo, quelli che prima di noi vedono e […] fare, fare prima, quello che Dio è. Sono la rivelazione di Dio. Allora è un’invenzione formidabile, non è un racconto di storie come quelle del Sojaro, nel tamburo, che sono le storie della vita di Cristo: l’Annunciazione, la nascita…racconti meravigliosi di un pittore manierista, diciamo, di seconda generazione. Sono veramente concetti e pensieri. Non c’è una storia. Sono personaggi potenti, nei loro corpi possenti. Maturati sulla esperienza di Michelangelo, che additano Dio e ci dicono la nostra strada. Un percorso che, dalla pittura, sale verso il cielo. Un percorso che ha una potente significanza spirituale. Una introduzione al cielo e i gesti potenti di questi eroi ed eroine, che sono i profeti e le sibille. Quando il Pordenone arriva a quella parte del cielo è un pittore nella piena maturità. Ha già fatto, prima di Tintoretto, che sarà un suo […], la parete meravigliosa di Cremona, la Crocifissione, che è impressionante, teatrale. È un pittore che ha un senso della monumentalità come nessuno. Intuisce dai profeti, dalle sibille di Michelangelo della Cappella Sistina, qualcosa che gli dà un senso di un peso della storia e dei personaggi, dei protagonisti, che sono i profeti e le sibille. Quindi non c’è un pittore più vicino a Michelangelo di Pordenone. Quindi qua sopra ci dà questa testimonianza. Poi, la cosa che mi ha incuriosito e che oggi vedrete salendo… quelli che saliranno… è che mentre è qui scherza con i Santi. Nel senso che, in una memoria di quello che aveva visto, nei rapporti con Tiziano, parlavo prima del Concerto campestre… voi sapete che Tiziano ha fatto bellissime veneri, in modo pagano… è difficile immaginare donne nude in chiesa, che non siano allegorie. Sono donne nude. Sono veneri che lui mette nella parte che non si può vedere. Per quanto voi alziate lo sguardo non riuscite a vederle. Però appena salite, attraverso la complicità di Sforza Fogliani… il pornografo timido […] il Pordenone […] “vi faccio vedere la donna nuda”. Una specie di film pornografico. Occorre la complicità: ci vuole uno potente. “Ragazzi andiamo a vedere il cinerotico di Pordenone”. Quindi la terra… vedete i profeti, poi salite lì in alto e vedete una donna nuda dietro l’altra, non si capisce cosa ci fanno. Io non so perché questi frati, così ormai pieni di spiritualità pompata, non li abbiano coperti. Non ci sono arrivati. In realtà uno rimane sorpreso. È un dialogo fra il mondo pagano e il mondo cristiano. Che è tipico del Rinascimento, solo che neanche Michelangelo… che poi sapete, ha avuto il problema dei nudi, i nudi nel suo Giudizio universale, coperti, […], quindi qualcuno è intervenuto per… ma qui non sono dei nudi maschili, sono delle bellissime ragazze, una più bella dell’altra. Qui, intorno alla parte superiore, sopra alle finestre si vede questo percorso che è un omaggio alla mitologia, un omaggio a Venere… difficile capire. Non so se qualche studioso di iconografia si sia applicato o si applicherà a capire che cos’è che ha mosso la mente di Pordenone. Voi immaginate qui di fare una enciclopedia del Rinascimento. Allora, da un lato il Rinascimento è un omaggio alle forme di Michelangelo e Raffaello, dall’altro lato è anche il racconto di un mondo mitologico, di un mondo classico, che si riaffaccia e quindi da questo punto di vista, quello che lui fa è quello che ha fatto Tiziano nelle sue veneri. Però lo fa nel tamburo di questa volta, di questa cupola, con una certa malizia e un certo divertimento.
V. Sgarbi, S. Maria di Campagna
14.4.’18
Caravaggio è stato in questa chiesa
Se poi, una volta finito il percorso, agevolato dalla passerella e comunque guardando in alto e dal basso i profeti e le sibille, noi giriamo in questa straordinaria chiesa rinascimentale, vediamo i dipinti di Pordenone alle pareti. E questi dipinti testimoniano ancora una volta la possanza, il riferimento potente al mondo di Michelangelo e al mondo di Raffaello, in una declinazione che possiamo evidentemente dire padana. Il Manierismo padano non può prescindere da Giulio Romano, non può prescindere da Michelangelo e però si esprime, per esempio, con dei passaggi di realismo straordinari: quando uno va a vedere la Adorazione dei Magi si accorge che c’è uno che ti guarda che sembra un caratterista di un film degli anni ’50, con un volto di una verità assoluta. È evidente che da quelle componenti idealistiche, all’interno di queste composizioni sacre, trarrà sicuramente stimolo Caravaggio. Caravaggio è stato in questa chiesa. Sono sicuro che si è misurato con Pordenone e la Chiesa di Santa Maria di Campagna è stata per lui un passaggio importante. Quindi quello che noi vediamo è un percorso che ci porta verso il suo realismo e alcuni elementi, alcuni volti, la stessa capanna bellissima della natività, hanno un realismo di evidenza pre-caravaggesca, che è quello, appunto, che fa percorrere tutte queste stazioni, dicevo Parma, Ferrara, Cremona, inseguendo due volte a Cremona e a Piacenza e anche a Cortemaggiore, tre volte, Pordenone, trovando in lui degli stili di una beltà umana… in Pordenone c’è, senza retorica, una dimensione sentimentale, emotiva, profondamente umana che deve commuovere Caravaggio. Questa è stata, sicuramente, una tappa importante.
V. Sgarbi S. Maria di Campagna
14.4.’18
La cappella Sistina del Pordenone
Quando cominceremo il percorso, che va dal primo affresco, in cui c’è l’impalcatura per il restauro incipiente, quando lui viene per la prima volta in questa chiesa, e poi guardiamo il percorso
delle cappelle e poi saliamo verso l’alto, vediamo che qui c’è una vera e propria Cappella Sistina della Padanìa. Questo è il senso di questa impresa. Tra le più importanti e precedente la stessa stazione o, diciamo, satellite di Roma, che sarà Palazzo Te a Mantova. […] il primo momento in cui il mondo romano, attraverso il Pordenone, arriva nel nord e poi prolifererà […] come dicevo prima, dei luoghi e riferimenti inevitabili, Giulio Romano a Mantova e poi Vasari stesso. Vasari che è quello che dà il senso di questa storia, la racconta, la codifica, indica i personaggi come in una grande commedia e dà a ognuno il suo ruolo. Lavorerà a Bosco Marengo per Pio V, in una straordinaria Certosa, in cui le opere di Vasari sono un omaggio prono e terminale a Michelangelo. Ormai Michelangelo è diventato come Dio e il suo sacerdote è Vasari. Ma qui, mentre il nostro pittore lavora a Pordenone, Michelangelo è nel pieno percorso della sua carriera. È tra la volta della Cappella Sistina e la parete finale del Giudizio universale. È a metà strada. Pordenone sta in mezzo. Quindi il percorso, il meraviglioso percorso di Michelangelo non è ancora compiuto, è stato intercettato sulla metà del suo sviluppo da Pordenone. E quindi qui porta un’arte assolutamente nuova, una rivoluzione visiva: il mondo di Michelangelo trasportato a Piacenza. Piacenza è la tappa in cui Pordenone esprime la sua più straordinaria pienezza. Nessun altro ruolo si svolge con tanto impegno e su tanti spazi. Per cui io credo che, nel tempo, toccherà a tutti noi dare a questa chiesa, attraverso la testimonianza della vostra presenza, che già è significativa, nel corso del tempo, con sempre maggior rilievo, a questa grande testimonianza del Rinascimento, declinato in Manierismo.
V. Sgarbi S. Maria di Campagna
14.4.’18
Uno dei grandi artisti italiani del Rinascimento
Questa è l’avanguardia della grande pittura di Roma portata a Piacenza. Quindi qui siamo in un pezzo di Roma. Ed è la prima grande cupola che prende spunto dall’invenzione di Michelangelo. Quindi il Manierismo, nelle sue varie manifestazioni, nella sua articolazione, nei pittori che ho ricordato… sono tanti… per non parlare dei ferraresi… di Ferrara. A Ferrara l’esponente di questo movimento si chiama Dosso Dossi, un altro pittore sublime. È un mondo formidabile di pittori padani che traggono beneficio dalla conoscenza di Raffaello e di Michelangelo, ma la interpretano in modo appassionato, in una visione carica di umanità e di vita, carica di un fuoco nuovo, che è il fuoco di Romanino, che è il fuoco di Dosso Dossi. Ebbene, tutti questi sono artisti di primissimo piano. Ma il loro profeta è Pordenone, a Piacenza. Quindi questa è la prima tappa di un lungo percorso dell’arte italiana che nel ‘900 capiremo essere quella Padanìa che prima ho descritto. Prima erano episodi della storia dell’arte contemporanea, episodi periferici. Poi sono diventati una grande area di testimonianza artistica, che non è più quella toscana ma è quella padana. La Padanìa, considerata da Roberto Longhi, ha il suo punto di riferimento più originale, più prepotente, più innovativo, proprio qui a Piacenza con Pordenone. Se n’è accorto, di questo, Arisi. Ne aveva perfetta coscienza. Oggi questa coscienza negli storici dell’arte è compiuta. Si trasmette al popolo italiano, al popolo europeo e a quanti verranno in questa occasione. E quindi è un momento storico importante di rifondazione della storia dell’arte, al di là della grande direttrice, dell’Autostrada del Sole, che è appunto quella che da Venezia, tocca Firenze e poi arriva a Roma. Ma ci sono una serie di strade periferiche ma non meno importanti che sono appunto quelle che a est e a ovest rappresentano un percorso alternativo. Oggi questo percorso alternativo voi lo state compiendo, sia rispetto alla percezione dal basso di questa volta, di questa cupola, sia rispetto all’esperienza esoterica del percorso lungo questa passerella, che vi è consentito da questa iniziativa e che vi farà toccare con mano l’intelligenza, l’intuizione, la potenza del disegno, tutto quello che Vasari ha lodato […] Vasari […] questo riconoscimento. Ha riconosciuto a Pordenone di essere un pari grado di Michelangelo. Questo è l’artista che abbiamo di fronte e da questo momento di lui dobbiamo avere questa coscienza come di uno dei grandi artisti italiani del Rinascimento.
V. Sgarbi, S. Maria di Campagna
14.4.’18
Sono certo che Caravaggio è venuto a Cortemaggiore a vedere il Pordenone
Caravaggio, quando inizia la sua carriera, la inizia nel nord Italia, fra Milano e Venezia, è così curioso che va dappertutto, sono certo che è venuto a vedere il Pordenone e che è rimasto particolarmente colpito da quest’opera così intensamente umana, così profondamente vera, che è quella che poi lui trasporta nella sua opera e, come sapete, era più realista di tutte le attività fino a quel momento… la pittura, certo… c’è realismo anche in Pordenone, c’è realismo anche in Raffaello… ma è un realismo idealizzato. La forza di Caravaggio è la realtà in presa diretta, è un confronto come copia, un corpo a corpo con la vita, è il senso della realtà che entra nella pittura. La pittura della realtà, quasi fotografia. Ebbene, se questa è la sua caratteristica, per cui egli è così considerato… è uno dei grandi pittori di tutti i tempi, certamente una parte della sua ispirazione viene anche dal poco conosciuto Pordenone, venuto a vedere qui a Cortemaggiore. Chi guarda bene quel dipinto scopre che, in taluni momenti, il Pordenone è perfino più moderno di Caravaggio. E che riesce a immaginare una roccia che ha una consistenza di materia che è fatta lasciando la tela non dipinta. Ѐ una intuizione formidabile: è la superficie della tela che diventa roccia. È una intuizione di non finito o di risparmiato… meglio ancora, il non finito è una cosa… questo si chiama “tela risparmiata”. Alcuni colori non c’è bisogno di darli perché non dipingi la tela ma fai una sagoma che ti crea l’effetto di una roccia. Ecco, quel dipinto è uno dei più bei dipinti italiani del ‘500, nella sua dimensione più classica e universale. Dipinto su tempera, su una tela rozza, richiama un’altra cosa che ho scoperto oggi: questa bellissima chiesa, questa architettura gotico […] questo monumentalismo straordinario, riserva molte sorprese negli altari che io ho guardato, individuando alcune cose che non ricordavo, fra cui… quella che io ricordavo […] Scaramuzza, la Madonna degli Angeli che è stata d’ispirazione per la Forza del destino di Giuseppe Verdi. Ma qui vedo adesso… forse era qualche anno che non tornavo… una deposizione di taglio michelangiolesco, che è un a recentissima scoperta di studi che prendono atto… anni recenti… di Pordenone, quindi un Pordenone in più che appare a Cortemaggiore, che è in questa chiesa e non all’Annunziata e che sicuramente sarà una vedette alla mostra di Pordenone nel 2019, che ha la stessa tela risparmiata: una tela grande con una umanità, dove rappresenta il tema del dolore, della pietà, di straordinaria forza. E quindi, Pordenone diventa un’occasione per un incontro in questa chiesa, per un appuntamento alla Santa Maria di Campagna dove c’è un percorso privilegiato per salire con una passerella che è stata integrata dalla Banca di Piacenza fino a vedere la cupola e a toccarla… e lì trovare Michelangelo a Piacenza. Quella cupola è forse la cosa più importante di testimonianza michelangiolesca che arrivi nel nord. In tempi precoci la mia convinzione è che lui arrivi forse prima a Piacenza che a Cortemaggiore, ma siamo comunque nella seconda metà degli anni ‘20, quindi fra il ‘26 e il ‘30 e lui arriva come un pittore che è quello più alla moda, più à la page, nel senso che ha visto direttamente questi grandi mostri di Raffaello e di Michelangelo e li riproduce con la stessa potenza e con la stessa energia, citando talvolta, come prima dicevo, direttamente Michelangelo come, appunto, nella volta della Chiesa dell’Annunziata, dove lui appunto fa arrivare questo vento travolgente e con questa potenza dei corpi, che rende le sue composizioni particolarmente energiche. Testimonianza, credo, che possiamo considerare la prima del Manierismo veneto. Muore presto, muore nel ’39, ma il manierista per eccellenza, quello che inventa un mondo vertiginoso nello spazio e nelle forme, è Tintoretto. Tintoretto, in realtà più giovane, è un seguace di Pordenone, quindi il primo grande pittore manierista del nord Italia, prima di Parmigianino, prima di Correggio… Correggio farà la sua cupola dopo quella di Piacenza… è Pordenone. Quindi un pittore friulano, che matura e cresce in ambito emiliano, portando qui la testimonianza di una grande civiltà romana che è il vertice dell’arte di quel momento.
V. Sgarbi,Cortemaggiore
14.4.’18
Immagina che Leonardo sia passato a Monticelli e abbia studiato il suo precursore dell’Ultima Cena
Pordenone è un profeta. Quando arriviamo qui, entriamo in questo castello così importante, vediamo la corte e poi saliamo una scala, entriamo in una cappellina. Una cappellina non a misura d’uomo ma a misura di anime. Uno spazio così contenuto da essere uno spazio in cui si può entrare in tre o quattro, di intimità, come nella condizione della confessione. Non c’è il grido, l’urlo, non c’è la sinfonia, non c’è l’inno alla gioia che, come nella grande sinfonia di Beethoven, noi vediamo sulle pareti di Cremona e nella Cattedrale di Santa Maria di Campagna. Ma c’è invece un percorso molto più intimo, più s